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Difficile, frustrante e indispensabile: la sfida della sostenibilità

Osteggiata, mal compresa, difficile da realizzare, ma utile e fruttuosa se ben applicata.

I temi ESG sono carichi di opportunità, ma al momento vincono i rischi.



La truffa alle Imprese


La comunità internazionale ha iniziato da qualche anno e prosegue con sempre maggior intensità a porre quei vincoli che il mondo della ricerca scientifica indicava disperato come necessari ormai da decenni e, seppur obtorto collo, il mondo imprenditoriale europeo ed italiano ha iniziato ad impegnarsi per rendere il proprio business più sostenibile soprattutto ai fini di marketing. Ormai il mondo politico di quasi ogni colore ha capito che evitare di devastare noi stessi potrebbe essere un’opzione percorribile, questo comporta che la spinta alla sostenibilità può solo intensificarsi.


Certo, importante compito del legislatore è anche quello di evitare che le aziende chiudano e fornire agli imprenditori gli strumenti per trarre beneficio anziché danno dalla transizione ecologica del mondo industriale e produttivo.

La mancanza di cultura scientifica sui temi ambientali all’interno delle aziende rende il processo di transizione non solo complicato, ma soprattutto ostile alla maggior parte delle imprese italiane.


Se, a causa di obblighi di legge o pressioni del mercato, l’impresa decidesse di investire nei primi passi della transizione ecologica, si troverebbe di fronte a società di consulenza e professionisti che per la maggior parte si sono riciclati da altre materie dopo aver fiutato la possibilità di un settore in crescita.

Il problema reale in tutto ciò, è che gli imprenditori vengono truffati da professionisti improvvisati: la sostenibilità viene venduta come facile, poco impattante sulla vita delle aziende e governabile con un contrattino da 8h al mese.

Un processo di sostenibilità reale, concreto e in linea con quelli che sono i requisiti comunitari e le necessità aziendali è complesso, modifica la cultura interna e richiede una pianificazione e un controllo pluriennale da parte di persone competenti.

Dire che essere sostenibili porta ad avere aziende più efficienti, funzionali e redditizie è sostenere la verità, ma l’imprenditore medio italiano difficilmente ritiene che qualcuno nel mondo possa capire la sua creatura e dargli consigli a riguardo. Sarà solo per obbligo di legge (a volte), o per richiesta del mercato (sempre), che deciderà di investire il meno possibile con il minor sforzo possibile in un progetto di sostenibilità.

Purtroppo, questa è la miglior strada per imbarcarsi in progetti inutili dal punto di vista ESG, costosi e che non portano nessuna utilità all’azienda.


Non ci sono più scorciatoie disponibili per chi vuole solo fingere.


Sostenere che i progetti portati avanti sotto i suggerimenti di consulenti improvvisati siano non solo inutili ma anche dannosi per gli imprenditori, non è una dichiarazione per cercare clienti, ma un’affermazione fatta in seguito ad un costante aggiornamento in termini di leggi e normative.

In questa materia, un professionista serio non può permettersi di dire agli imprenditori solo quello che vogliono sentirsi dire.

Se non bastassero la legge sulla neutralità climatica 2050, quella sugli obiettivi 2030, gli inserimenti di aziende negli obblighi di rendicontazione del 2025, 2027 e 2029 e altri tre o quattro regolamenti vincolanti emanati negli ultimi anni, basterebbero la decisione della commissione UE del 19/09/2023 e la normativa sulla Dichiarazione Non Finanziaria a far capire che fare finta non è più un'opzione percorribile.


In pratica, la Decisione della Commissione Europea del 19 Settembre di quest’anno vieta alle imprese, a partire dal 2026, di dichiararsi sostenibili, green, ecologiche e altre fesserie senza avere alle spalle una certificazione in merito riconosciuta dalle istituzioni. Ciò include il divieto di dichiararsi Carbon Neutral dopo aver acquistato crediti di carbonio, dando uno schiaffo in faccia a tutti quei furboni che pensavano che sganciare qualche migliaio di euro per crediti fasulli e truffare i consumatori fosse un comportamento virtuoso.

La Sostenibilità è un percorso che richiede impegno, il portafoglio non può fornire scorciatoie ma solo strumenti.


La legge sulla Dichiarazione Non Finanziaria coinvolgerà direttamente in Italia circa 5'000 grosse imprese, ma a causa degli obblighi di dichiarazione sulla Catena del Valore coinvolgerà anche le circa 100'000 imprese delle loro catene di fornitura.


Il grado di sostenibilità ESG sarà importante per essere qualificati come fornitori da parte dei clienti BtoB più importanti; inventari Gas ad Effetto Serra, pianificazione della riduzione di impronta idrica, controllo sui flussi energetici, politiche sociali e di welfare ecc. non si improvvisano dal giorno alla notte, e neppure in sei mesi.

Sarà quindi pesca grossa per tutti i sustainability managers improvvisati che andranno a vendere a piene mani progetti trovati su Google a imprenditori che rischiano di perdere importanti clienti. In questo modo, l’impresa chiuderà comunque, ma avendo mantenuto un consulente come ultimo gesto imprenditoriale. Brillante!



Un impegno serio con professionisti seri


Se questo sembra un testo che mira a “spaventare” chi lo legge, in realtà vi sono decine di casi di imprese che, lavorando con figure specializzate nello studio di discipline ambientali, sociali e antropologiche, delle scienze politiche ecc. hanno ottenuto risultati molto positivi in termini di prestazioni aziendali, sociali e riconoscimento da parte non solo dei propri clienti, ma del pubblico in generale.

Anche se l’Italia è un paese di commercialisti e avvocati, i professionisti con competenze trasversali ci sono ed è importante fare in modo che le imprese possano usufruirne.

Un piano ESG strutturato, che sia sul tema Ambientale, Sociale, di Governo o una integrazione deve avere almeno le seguenti caratteristiche:

  • Un assessment iniziale generale, approfondito e strutturato secondo framework internazionali

  • Una valutazione di Impatto, di Rischio e di Opportunità relativo al tema in oggetto e a quelli correlati

  • Una base di lavoro documentata con solida bibliografia di ricerca e fonti strutturate

  • Una pianificazione strategica pluriennale

  • Partnership di valore e con aziende specializzate

  • Un piano di monitoraggio strutturato, matematico e approfondito

  • Supporto ai piani di comunicazione


La mancanza di più di uno di questi fattori dovrebbe suggerire che chi ce lo consiglia cerca di chiudere un contratto senza ben sapere di cosa sta parlando.


Margotta Consulting non è l’unica azienda seria che opera nel settore, anche se non sono troppo numerose, ma può rappresentare una scelta vincente per gli imprenditori che intendono governare il cambiamento senza rischiare di essere travolti dalla lunga onda che oggi si sta gonfiando.



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